Come ogni anno, come succede da ormai ben ventuno anni, Pantone ha annunciato qual è il Pantone Colour of the Year.
Il colore che secondo gli esperti dell’azienda americana specializzata nella classificazione del colore influenzerà il design e la moda nell’anno che sta per iniziare è il Classic Blue che nella classificazione PANTONE ha il codice 19-4052.
Pantone lo descrive come un colore rassicurante, un “blu senza tempo, elegante nella sua semplicità” e Leatrice Eiseman, executive director del Pantone Color Institute, spiega così la scelta:
“Viviamo in un’epoca che richiede fede e fiducia. È questo tipo di costanza e confidenza che esprime il Pantone 19-4052 Classic Blue, una sfumatura di blu solida e affidabile su cui possiamo sempre contare.
Permeato di una profonda risonanza, il Classic Blue offre delle fondamenta sicure.
Un blu sconfinato che evoca la vastità del cielo serale, il Classic Blue ci sprona a guardare oltre l’ovvio e a espandere il nostro pensiero, sfidandoci a pensare più profondamente, aprire la nostra prospettiva e il nostro flusso di comunicazione”.
Per chi si occupa di grafica, arredamento, architettura di interni e fashion design l’annuncio del colore dell’anno di Pantone è diventato una delle tradizioni che segnano la chiusura dell’anno.
Un po’ come succede alla fine dell’anno con l’oroscopo, anche chi non crede più di tanto alle previsioni di Pantone, non resiste alla tentazione di sapere quale colore “ha vinto”.
A parte gli scherzi… la scelta di Pantone del Colour of the Year non è un argomento superficiale e futile come potrebbe sembrare a chi non svolge una professione creativa.
I colori infatti hanno una grande forza nell’influenzare l’essere umano e quindi sono un tema cruciale in tutti i campi dove vengono utilizzate le tecniche di marketing.
Come in tutte le materie complesse – e lo studio dei colori lo è sicuramente – non è per nulla facile fare delle previsioni in tema di tendenze cromatiche.
Non per niente il Colour of the Year di Pantone è frutto del lavoro di un nutrito team di esperti che studia ogni anno l’evoluzione delle tendenze in tanti settori e le inquadra in un contesto sociologico più ampio che guarda ai cambiamenti in corso nella contemporaneità.
Il “Living Coral”, colore scelto da Pantone per il 2019, fu una scelta molto criticata dagli addetti ai lavori.
Al di là della difficoltà di utilizzare quel particolare punto di rosa, la ragione della scelta dichiarata da Pantone l’anno scorso non convinse del tutto.
Ad esempio, l’art director Huei Yin Wong e il copywriter Jack Railton-Woodcock di Melbourne l’hanno duramente criticata definendola “irresponsabile e sorda ai problemi ambientali”.
In risposta al Living Coral scelto l’anno scorso da Pantone, il duo di creativi propone come Color of the Year 2020 il “Pantone 115-1 U Bleached Coral”, il colore quasi bianco che assume il corallo quando è morto.
Una provocazione che vuole mettere l’accento sulla crisi ambientale che ha ucciso più del 45% del corallo della Grande Barriera Corallina negli ultimi tre anni.
Jack + Huei sostengono infatti che un marchio influente come Pantone non si dovrebbe limitarsi a fotografare le scelte cromatiche dei settori creativi ma dovrebbe tentare di influenzarle.
Secondo loro se il colore “Corallo sbiancato” inondasse la grafica, i vestiti e gli interni delle case potrebbe comunicare un forte messaggio di denuncia che forse contribuirebbe a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.
Personalmente non sono molto d’accordo sulla posizione dei due creativi australiani perché la mission di Pantone in qualità di istituto di ricerca non è influenzare le tendenze ma è piuttosto quella di offrire delle indicazioni agli addetti ai lavori.
E’ di questi ultimi, cioè dei creativi dei vari settori, il “privilegio” e la responsabilità di creare le tendenze.
Magari qualche creativo dirà che il cielo non è più blu perché è inquinato e il mare neanche perché è pieno di plastica.
La plastica però ha mille colori e quindi sarà più difficile proporre come Colour of the Year 2021 un colore univoco in contrapposizione al Classic Blue.
Paragonato al dirompente e vistoso Living Coral, sicuramente il Classic Blue è un colore meno rischioso… un “classico” come dice il nome stesso.
Comunque… la scelta di Pantone di quest’anno mi ha stupito.
Personalmente trovo che il Classic Blue, come del resto alcune altre sfumature del blu siano, più che una tendenza, già un fatto consolidato.
E’ un po’ di tempo infatti che queste tonalità si vedono nei progetti di interior design e sulle pagine dei magazine di moda.
Pantone Colour of the Year 2020
Fra i tantissimi progetti firmati dallo studio di design giapponese Nendo in oltre 15 anni di attività, i due di cui parliamo in questo articolo hanno un tema in comune: gli alberi.
Neyuki è stato sviluppato l’anno scorso per Flanders, un’azienda specializzata nella produzione e vendita di prodotti dolciari.
Flanders ha sede a Kushiro nell’Hokkaido, una regione nel nord del Giappone nota per l’allevamento e la produzione di latte e prodotti caseari.
Il nome e il logo dovevano riflettere i valori del nuovo marchio: l’origine territoriale e l’utilizzo di materie prime prodotte nell’Hokkaido.
Il progetto è stato interpretato con lo stile minimalista che contraddistingue tutti i progetti dello Studio Nendo.
Con un brillante esercizio di sintesi il marchio è stato chiamato semplicemente N , l’iniziale della parola “nord”.
Il nome è breve e quindi molto facile da ricordare e il logo, un triangolo orientato verso il punto cardinale Nord, risulta essere un segno grafico elegante, riconoscibile e di forte impatto.
Lo studio Nendo ha anche progettato il packaging del primo prodotto di N, una cheese cake ricoperta di zucchero a velo.
All’interno di una elegante scatola nera, il prodotto si presenta in un modo particolare, studiato per ribadire ancora una volta i valori della marca legati al territorio.
Aprendo la scatola ci si trova infatti davanti ad un bosco innevato in miniatura che ricorda l’Hokkaido.
Per estrarre e gustare la torta basta afferrare con due dita uno degli alberelli come se fosse uno stecchino da cocktail e mangiare direttamente il bocconcino goloso.
Oltre a sorprendere per la sua delicata bellezza, questa presentazione di prodotto è anche estremamente funzionale dal punto di vista del consumo.
Un’ultima particolarità del progetto:
coprire con lo zucchero a velo la torta richiama il metodo tradizionale del nord del Giappone di conservare la frutta e la verdura nella neve.
A proposito di tradizioni del Giappone, chi non è almeno una volta rimasto incantato davanti alla bellezza di un bonsai?
L’altro progetto di Nendo si ispira proprio a quest’arte antica che riproduce in splendide miniature le forme degli alberi più vecchi e maestosi.
I maestri del bonsai raggiungono il risultato potando sapientemente i rami dei piccoli alberi e curandoli in modo meticoloso.
Data la difficoltà della tecnica, alcuni Bonsai sono venduti a prezzi molto elevati e sono difficili da mantenere se non si hanno le competenze di un professionista.
Per “addomesticare” la tecnica e renderla accessibile anche ai principianti, lo studio Nendo ha creato con la stampa 3D un oggetto che può essere ritagliato con le forbici Bonsai come se fosse una pianta.
Le sette varianti di forma corrispondono ad altrettante specie di alberi adatti per il Bonsai.
Gli alberi dello Studio Nendo
Chi ha una casa con un bel giardino o un grande terrazzo presto si rende conto di poterli utilizzare meno di quanto vorrebbe.
Infatti durante l’anno non sono molte le giornate che offrono le condizioni ottimali per godersi al meglio la vita all’aperto.
Ma la buona notizia è che ci sono delle soluzioni per rendere più confortevoli gli spazi esterni anche quando non splende il sole e la temperatura non è perfetta.
E senza dubbio, la soluzione più efficiente e innovativa è la pergola bioclimatica.
Nelle foto mostriamo alcuni modelli delle pergole bioclimatiche Pratic, una delle aziende italiane leader nel settore.
Avete presente il pergolato che si trova ancora davanti a tante case di campagna?
Si tratta di una semplice struttura in legno su cui si fanno crescere delle piante rampicanti affinché le foglie proteggano dai raggi solari.
La pergola bioclimatica è l’evoluzione moderna e tecnologica del pergolato.
La copertura è costituita da lame frangisole orientabili che permettono di ottenere le condizioni ideali di ventilazione e luce.
Quindi, a differenza delle pergole fisse, le pergole bioclimatiche non servono solo a fare ombra ma offrono anche una valida protezione dagli agenti atmosferici come il vento e la pioggia.
Le lame della copertura, orientabili a mano o con telecomando, possono ruotare fino a 140 gradi.
Per ottenere il clima ottimale a seconda delle diverse condizioni atmosferiche, basta modulare la luminosità e la ventilazione regolando l’inclinazione delle lame.
In caso di pioggia le lame si chiudono e l’acqua viene convogliata dalle gronde perimetrali integrate nella struttura.
Grazie al contenuto tecnologico, la pergola bioclimatica rappresenta oggi lo stato dell’arte in tema di sistemi di copertura.
Inoltre questa tipologia di strutture rispetta l’ambiente perché il comfort climatico dello spazio è garantito sfruttando gli elementi naturali e quindi i processi inquinanti sono ridotti al minimo.
La pergola bioclimatica è perfettamente in linea con gli attuali criteri dell’architettura.
Criteri che prediligono la fluidità degli spazi interni e le grandi finestrature vetrate allo scopo di favorire un continuo dialogo fra interni ed esterni.
In questo contesto la pergola bioclimatica si inserisce come il perfetto elemento di connessione fra “il dentro e il fuori” della casa.
Così il dialogo non si limita ad essere per buona parte dell’anno solo “la bella vista” ma si trasforma in concreta fruibilità dello spazio esterno.
Nell’arredamento per esterni, la qualità è particolarmente importante date le condizioni atmosferiche a cui questa tipologia di prodotti è continuamente esposta.
Per quanto riguarda le pergole bioclimatiche, è consigliabile affidarsi a un produttore che garantisca un’elevata qualità dei materiali.
Ma non solo:
l’ampiezza della gamma di optional per personalizzare il prodotto in funzione delle specifiche esigenze è altrettanto importante.
Queste strutture infatti devono potersi adattare a contesti residenziali anche molto diversi e alle esigenze differenziate di spazi pubblici come hotel, bar e ristoranti.
Ogni realizzazione è quindi un “pezzo unico” che deve essere progettato ad hoc, pertanto l’azienda deve avere una consolidata capacità progettuale e una solida esperienza nella lavorazione del “su misura”.
Come per l’arredamento per gli interni, anche per quello da esterni i prodotti italiani sono riconosciuti in tutto il mondo per l’elevata qualità del design e delle lavorazioni.
Ad esempio Pratic è un marchio italiano con oltre cinquant’anni di esperienza conosciuto anche all’estero per la sua competenza nel settore outdoor.
Le pergole bioclimatiche Pratic sono realizzate in alluminio e con materiali pregiati e certificati per garantire una durata nel tempo e richiedere una manutenzione ridotta.
Ai due modelli Opera e Vision si aggiunge il nuovo modello Brera dotato di lame compattabili che si impacchettano su un lato fino per aprire quasi completamente la vista sul cielo.
Questo modello dalla tecnologia raffinata è disponibile nelle versioni Premium, Superior e Basic.
Tutti i modelli di pergole bioclimatiche Pratic sono caratterizzati da un design pulito ed elegante, declinabile in una palette esclusiva di trentotto colori.
Grazie a tutte queste varianti, queste strutture sono in grado di integrarsi perfettamente nell’ambiente e di sposarsi con tutti gli stili architettonici, dai più contemporanei a quelli classici e tradizionali.
La verniciatura è un processo particolarmente rilevante per assicurare la durabilità del prodotto costantemente sottoposto all’azione aggressiva dell’umidità e della salsedine.
Pratic effettua questo processo all’interno dell’azienda nel rispetto dell’ambiente e della salute dell’uomo.
Oltre ai dispositivi di automazione, l’azienda offre una vasta gamma di accessori e complementi per la personalizzazione delle pergole bioclimatiche:
dai serramenti vetrati con diverse soluzioni di chiusura, alle tende, ai punti luce incassabili in qualsiasi punto delle lame della copertura, ai led RGB perimetrali integrati nella struttura per creare scenografici effetti visivi.
Se volete approfondire l’argomento, visitate il sito Pratic dove troverete anche una guida all’acquisto che spiega come usufruire degli sgravi fiscali.
La lampada Maria S.C. chandelier è probabilmente uno dei pezzi più conosciuti fra i prodotti creati da Magda Jurek.
La designer polacca, fondatrice del brand Pani Jurek, crea prodotti originali e multifunzionali che coinvolgono l’utilizzatore attraverso le possibilità di personalizzazione.
La sospensione Maria S.C. chandelier ruota intorno all’utilizzo inedito di un oggetto asettico e molto semplice come la provetta in vetro utilizzata nei laboratori di analisi.
Questo oggetto di uso comune acquisisce valore diventando l’elemento centrale una composizione che rievoca i sontuosi lampadari classici in cristallo di stile Art Decò.
Il processo creativo alla base di questo originale lampadario ha qualcosa in comune con le opere dell’artista Marcel Duchamp, padre dell’arte concettuale che ideò il ready-made.
Nel ready-made l’opera d’arte non è nient’altro che un oggetto già esistente che, liberato della sua funzione d’uso comune, acquisisce valore quando l’artista lo data, gli conferisce un titolo e lo espone in una mostra d’arte.
L’inserimento in questo nuovo contesto cambia la natura dell’oggetto rendendolo protagonista e trasformandolo in un’opera d’arte.
Anche nel caso del lampadario di Magda Jurek, il nome del prodotto è parte integrante del progetto:
Maria S.C. chandelier è un omaggio alla scienziata polacca premio Nobel per la chimica Maria Sklodowska-Curie.
La lampada è formata da strutture circolari che accolgono le provette di vetro e che possono essere facilmente rimosse per poter essere disposte in diverse configurazioni.
L’utilizzatore può personalizzare ulteriormente il lampadario inserendo nelle provette dei fiori, dei rami, dei liquidi, delle polveri o dei piccoli oggetti colorati.
Come nel ready-made, le provette sono prelevate dal contesto asettico del laboratorio di analisi per diventare dei piccoli vasi e assumere nella composizione un valore estetico che prima non avevano.
Magda Jurek si è diplomata in pittura alla Academy of Fine Arts di Varsavia e, parallelamente alla sua professione nel campo del design, è anche artista.
Magda crede nell’importanza di creare prodotti sostenibili ed è convinta, se li si studia per assolvere a più funzioni, sono un’opportunità per limitare gli acquisti e i consumi.
Maria S.C. chandelier : la luce in provetta